QUANDO IN SPAGNA CHIAMARSI ELVIS ERA PECCATO

C'è stato un tempo in cui in Spagna potevi trovare solo gli Antonio, i Francisco, i José, le María, oppure le Cármen o le Dolores. I nomi che non corrispondevano a quelli dei Santi della Chiesa cattolica erano proibiti.

Il 10 giugno del 1957 (in vigore dal 1959), infatti, la dittatura franchista con l'assoluta complicità della Chiesa, approvò la nuova legge sul Registro Civile, con la quale veniva affermato il principio che il nome della persona dovesse rappresentare il segno distintivo dell'individuo medesimo e che, da quel momento, nessun nome straniero al pari di quelli espressi in lingue iberiche non ufficiali sarebbe più stato permesso.

Al punto che l'art. 54 (nel Cap. III) della legge stabiliva che il nome dato al bambino “deve essere, se del caso, quello imposto al battesimo. Nel caso degli spagnoli, i nomi devono essere registrati in spagnolo". Avvertendo al contempo che "sono vietati nomi stravaganti, inappropriati, irriverenti o sovversivi, così come la conversione in nomi di cognomi o pseudonimi". 

In un sol colpo, il regime franchista proibì pertanto la possibilità di chiamare un figlio come Elvis Presley; allo stesso modo non era possibile usare nomi propri come Vladimir o Ilyich... soltanto dopo la morte del Caudillo per i genitori spagnoli fu perlomeno possibile registrare i propri figli con nomi tipici di una delle varie lingue iberiche.

Fu però soltanto nel 1994 che fra un Antonio e una Dolores iniziarono a trovare spazio i nomi stranieri di attori, musicisti o sportivi stranieri: infine, l'ultimo ritocco del famigerato articolo 54, avvenne il 16 marzo 2007 con il governo Zapatero, che si limitò a vietare soltanto quei nomi che "danneggiano oggettivamente la persona, quelli che rendono l'identificazione confusa e quelli che fuorviano riguardo al sesso".